Speciali Montagna
30-31/05/2004 Majella da Macchia di Secina
Partecipanti: GIULIO, PAOLO, DORINA, LEONARDO.
Dislivello: 1300m+saliscendi
Tempo di Salita: 9h (su neve, parzialmente nebbia, e andando lenti)

 

 


Quella che segue è la relazione di una delle escursioni più faticose che si possono fare sull’Appennino: la vetta della Majella da Macchia di Secina, con pernottamento al bivacco Pelino e ritorno per il medesimo itinerario. I 1300m di dislivello, lo zaino pesante e l’eccezionale quantità di neve che abbiamo trovato in quota hanno provato non poco le nostre forze, e specialmente quelle dei due neofiti che erano con noi. Ma l’arrivo in vetta quasi al tramonto è bastato per ripagarci di tutta la fatica. Partiamo da Roma il 30 maggio, con un cielo sereno e un bel sole, ma purtroppo sappiamo già che andando verso l’Adriatico ci aspetta un tempo peggiore. E infatti all’uscita della galleria di Cocullo ci accoglie un bello strato di nuvole basse che copre le montagne. Il tempo è un fattore determinante in un tentativo alla Majella, specialmente per l’itinerario che abbiamo scelto, perché la presenza di nebbia nella zona della Valle di Femmina Morta, con i suoi altipiani, può facilmente portare alla totale perdita del sentiero e dell’orientamento, il che non è proprio una cosa positiva. Comunque le previsioni meteo davano tempo in miglioramento nel corso della giornata, e comunque noi confidavamo sul fatto che lo strato di nuvole non fosse troppo spesso, così da poterlo superare salendo alle alte quote. Superato il paese di Campo di Giove prendiamo una sterrata sulla sinistra che con un percorso lungo e tortuoso ci porta fino allo stazzo di Macchia di Secina, a 1500m, immersi nella nebbia. Decidiamo di tentare lo stesso e messi con qualche difficoltà gli zaini in spalla ci incamminiamo per il sentiero segnato che entra nella faggeta sgocciolante.


Dorina e Leonardo affrontano il primo nevaietto, ancora nel bosco, immersi nella nebbia.


Inizialmente il morale della truppa è alto, così percorriamo tranquillamente il primo tratto di sentiero, che, tra radure e tratti di bosco, sale lentamente con direzione N fino a lasciare la vegetazione arborea verso i 1800m. Fino a questo punto non abbiamo visto nulla, solo nebbia, ma improvvisamente uno squarcio nelle nubi ci fa vedere un raggio di sole che poi si nasconde immediatamente. Tanto basta comunque a farci esultare, e così, con un passo lento e costante per non far sfiatare i due amici meno esperti, proseguiamo lungo il sentiero, che ora sale più ripidamente con numerose svolte attraversando anche le prime lingue di neve residua. Dopo l’ennesima svolta entriamo, o almeno così ci sembra data la nebbia, nel grande anfiteatro di Fondo di Majella. Peccato che non si può godere della splendida vista del pendio che stiamo risalendo, ma forse è meglio così, perché psicologicamente la vista di dove si deve arrivare può sconfortare chi è alle prime armi. Dopo una sosta per rifocillarci riprendiamo lentamente il cammino lungo il sentiero che sale in diagonale ed arriviamo, sempre sotto la nebbia fitta, ad un nevaio dove il sentiero si perde. Cominciano i problemi: dobbiamo cercare di salire comunque verso un’importante sella, Forchetta Majella, a 2380m, ma non sappiamo l’esatta direzione. Un po’ di stanchezza comincia ad affiorare nei nostri amici, e ora non ci sarà più la comodità del sentiero.


Siamo alla ricerca della sella di Forchetta Majella, girovagando per i pendii immersi nella nebbia.


Ma non è nostro costume arrenderci così facilmente, almeno alle sella vogliamo arrivarci, e così, con vari zig zag, prima su neve, poi su sfasciumi, risaliamo lentamente il ripido pendio. Passa il tempo, e con un occhio all’altimetro, saliamo scrutando verso l’alto in attesa di intravedere la sella, ma, ormai alla quota giusta, ancora non si vede nulla. Allora mi stacco un attimo e vado avanti, restando in contatto vocale, per cercare di capire dove siamo. Cominciano a venirci un po’ di dubbi sulla fattibilità dell’escursione, ma all’improvviso ecco che un piccolo squarcio nelle nubi mi permette di vedere una selletta nevosa. Mi precipito a vedere ed ecco che mi si para davanti la parte finale di Femmina Morta, che è addirittura al sole, perché le nubi che salgono dal basso superando la cresta in parte si dissolvono lasciando intravedere il cielo. Insomma non è Forchetta Majella, siamo usciti più a sinistra, ma va benissimo. Chiamo subito gli altri che arrivano poco dopo. Leonardo e Dorina sono stanchi, abbiamo già fatto 900m di dislivello, e così, dopo averli rincuorati del fatto che siamo a buon punto e il tempo sembra migliorare, pranziamo.


Superata la selletta a quota 2430m esce finalmente un po' di sole e davanti a noi appare la tozza mole del Macellaro.


Dopo pranzo saliamo superando la selletta e arriviamo sul crinale di sinistra rispetto a Femmina Morta. Subito inizia la neve, che, salvo piccole chiazze, copre ancora tutto. Si affonda anche un po’, il che rende il percorso ancora più faticoso. Ci fermiamo un attimo al sole, fortissimo, per decidere che percorso fare. Le possibilità sono: 1) attraversare Femmina Morta e risalire sul versante opposto fino ad arrivare agli altipiani di Piano Amaro, da percorrere poi fino in vetta; 2) percorrere tutto il crinale su cui ci troviamo, e poi affrontare la pettata finale alla vetta.


Superata la prima prominenza del crestone questo ci si presenta in tutta la sua lunghezza. La vetta ci attende sullo sfondo, al sole, alla fine del vallone di Femmina Morta completamente innevato.


Optiamo per la seconda possibilità, perché Piano Amaro è troppo pieno di neve, mentre il crinale su cui ci troviamo potrebbe essere in parte scoperto, e inoltre se a Piano Amaro arriva la nebbia ci si perde immediatamente. Così, tra nebbia e sprazzi di sole, affondando nella neve, cercando di sfruttare le zone di cresta più scoperte, molto lentamente avanziamo. Ci sono da affrontare alcuni saliscendi che spezzano le gambe, Leonardo e Dorina accusano la fatica, ma stringono i denti e ci seguono. Per fortuna, man mano che percorriamo la lunghissima cresta, il tempo migliora, il sole esce sempre più spesso e gli occhi possono godere della vista di Femmina Morta carica di neve, degli altipiani del medesimo aspetto, della vetta, che si avvicina, col bivacco sulla sommità.


Finalmente alla fine del crestone, la vetta ormai è vicina, ma manca ancora l'ultima ripida rampa. Guardandola così sembra inverno, ma è il 30 maggio.


Notiamo con stupore l’abbondante neve fresca presente al suolo, evidentemente caduta poco prima, che da un aspetto prettamente invernale all’ambiente. Sono ormai le 18:30 quando arriviamo alla fine della cresta, stanchi, con qualche mugugno dei meno esperti e con gli scarponi bagnati a forza di stare nella neve.

 

DATI METEO PRESI DURANTE L'ESCURSIONE

Majella: quota 2790; temperatura -4,0°C; vento massimo 21,7 Km/h;
posizione GPS 42°05'10,5''N 14°05'11,1''E
NOTE: La temperatura è la minima della notte, neve fresca e croce brennata.