Speciali Montagna
Velino 10/01/2004



Basta! Questa volta si cambia! Dopo tante bellissime escursioni concluse però senza una vetta decidiamo di tentare il Velino, la bestia nera delle salite abruzzesi, e in invernale. Una vera alpinistica!! Le previsioni danno tempo bello dopo una giornata di pioggia. Partiamo sapendo che la neve è caduta dai 1500m in su. Quando arriviamo alla base, presso la chiesa di S.Maria in Valle Porclaneta, a 1120m, il cielo è ancora grigio. Ci aspettano 1400m di dislivello e la mole possente del Velino pare sconsigliarci l'avventura. Ma due pazzi come noi possono rinunciare? Zaini in spalla ci incamminiamo verso le pendici del Monte di Sevice: vogliamo salire diretti verso questa cima sfruttando una evidente costola dove il vento ha spazzato la neve. Guardando verso le zone alte della montagna vediamo la neve che turbina e rabbrividiamo al pensiero di quello che ci aspetta alle alte quote. Lasciamo dopo poco il sentiero per la Capanna di Sevice e prendiamo dritto per dritto il pendio che ci sovrasta. Improvvisamente alle nostre spalle un gruppo di 15 cinghiali marroni scuri e belli in forze passa di corsa: uno spettacolo incredibile. Continuiamo a salire e il panorama si apre sul Fucino e le montagne del Lazio. Nonostante quello che si dice sulla noia che dovrebbe suscitare questo versante del Velino noi siamo entusiasti. Verso i 1500 comincia la neve, per fortuna poca. Superiamo alcuni muli e cavalli al pascolo sui ripidi pendii e continuiamo. Prendiamo rapidamente quota con vedute sempre più belle; il tempo migliora e esce anche un po' di sole.
Un branco di una trentina di cervi passa a poca distanza. Che wilderness! La mole del Re della Marsica si staglia sullo sfondo.
Quando su una costola a breve distanza da noi un branco di 30 cervi passa lentamente sulla neve l'entusiasmo è al massimo: questa montagna enorme che sembra sterile e noiosa è invece piena di vita e regala grandi emozioni. Che dire, rinvigoriti dallo spettacolo continuiamo a salire, finche si alza un bel vento. La neve è spazzata e quindi si cammina agevolmente, e in breve, ma non senza fatica, ci troviamo a 2100m a effettuare una diagonale puntando verso la cimetta del Costognillo.
Il Paoletto alle prese con i ramponi... Sullo sfondo le montagne del Lazio.
Mettiamo i ramponi perchè la neve a tratti è dura e scendiamo in una valletta patagonica con le rocce arabescate di ghiaccio. Poi arriviamo ad una conca piena di neve e ancora ad una piccola sella dalla quale la piramide sommitale del Velino sembra ormai a poratata di mano (2320m). Io esulto, dico che ormai è nostro...Paolo non si fida e ha ragione. Come mi sbaglio!! Dopo Aver ammirato lo splendido panorama del versante nord, verso Majella, Gran Sasso e Sirente sono al settimo cielo, quando comincia a spirare un forte vento da est.
Ormai è nostro... Le ultime parole famose. La vetta SEMBRA vicina ma non lo è.
Ma?! Cosa sarà? Mi incammino verso la vetta, trionfante, seguito a ruota da Paolo, e penso " eccola lì, siamo arrivati..." e dopo un po' "eccola, è finita" e poi dopo altro tempo "solo un'altra rampa..." ma nulla, il Re della Marsica non si concede. Gli ultimi metri sono uno strazio, con un vento pazzesco che ci ostacola in ogni modo e pezzettoni di ghiaccio che ci fischiano intorno. Ma alla fine croce e madonnina sono davanti a noi! Ce l'abbiamo fatta.
Poco sotto la vetta al riparo dal vento e dai missili di ghiaccio. Ce l'abbiamo fatta, ma il gigante è poco ospitale.
La sosta in vetta, riparati sotto vento da una roccia è breve. Sembra che stia arrivando una tempesta sempre più forte che mette paura, arrivano delle nuvole, fa freddo...Ok scendiamo. Ma l'impresa non è facile. Il vento butta quasi per terra, alza scheggie di ghiaccio che viaggiano come proiettili. Ci buttiamo giù per il pendio subito sotto la vetta, in dicesa verticale, ma il vento ci tormenta fino a quote basse. Alla fine facciamo una sosta, spossati dalla discesa, e poi ci rincamminiamo per completare l'escursione. C'è ancora tempo per una discesa di culo su un nevaio e per vedere altri cinghiali nella macchia alla base. Poi la macchina sembra la cosa più bella del mondo.